Di cosa sa davvero il gelato al gusto puffo?
Gelato puffo e guerrilla marketing: come sono legati questi due concetti, e il grande mistero sul sapore di questo gelato che ha radici abbastanza antiche.
Gelato puffo e guerrilla marketing: come sono legati questi due concetti, e il grande mistero sul sapore di questo gelato che ha radici abbastanza antiche.
Il gelato al gusto puffo esiste ormai da molti decenni, da anni campeggia infatti in moltissime gelaterie, magari tra gusti più classici come crema e cioccolato e chi tra noi appartiene alla Generazione X, ricorderà le obiezioni della propria mamma: «Quello è tutto colorante! Chissà che ci mettono dentro!», ma stanno davvero così le cose? Che sapore aveva il gusto puffo della nostra infanzia?
Certo, a 6-7-8 anni ignoravamo completamente di cosa si trattasse, sapevamo solo che era buono, e di certo non sapevamo nulla di ciò che collega questo particolare gusto di gelato al concetto di “vanilla marketing“.
A parlarne è la newsletter di Ellissi, che analizza la questione prendendo in esame sia la storia della nascita del gusto puffo, sia le edizioni limitate degli Oreo, e arriva a definirle entrambe come esempio di vanilla marketing. Con questo termine si fa riferimento al fenomeno secondo cui le versioni bizzarre dei prodotti originali fungono da traino portando il consumatore ad acquistare anche e soprattutto porzioni o confezioni del prodotto tradizionale.
Nel libro Svuota il carrello, Gianluca Diegoli parla per esempio di “prodotti civetta” (nome che si ispira alle liste civetta elettorali): in pratica, un prodotto speciale o in edizione limitata, attira una clientela più ampia del solito, che una volta interessata acquista anche il prodotto originale. Proprio come quando il gusto puffo attira l’attenzione dei bambini e poi mamma e papà comprano per loro dei classici coni crema e cioccolato.
Al di là del binomio tra gusto puffo e vanilla marketing, torniamo però a ciò che ci interessa di più, cioè il gelato in sé. A quanto pare, come riporta il Chicago Tribune, il primo gelato al gusto puffo di cui si ha notizia è il Blue Moon, che apparve nelle gelaterie di Iowa e Wisconsin alla fine degli anni ’60 (anche se forse la ricetta è nata addirittura negli anni ’40, ma non c’è certezza di questo). Anche il nome è evocativo (oltre il colore): Blue Moon si trova in inglese nell’espressione «once in a blue moon», che significa il nostro «ogni volta ogni morte di papa». In pratica Blue Moon è l’eccezione, è la bizzarria, qualcosa di davvero molto molto raro.
In Rete esistono dei veri e propri forum in cui si parla del sapore di questo gelato e moltissimi utenti cercano di ricostruirne gli ingredienti: alcuni puntano su ananas ed estratto di mandorle, altri su diversi gusti di frutta.
La leggenda narra che l’inventore sia stato Bill “Doc” Sidon, chimico-capo nell’industria Petra Products di Milwaukee negli anni ’50, un ebreo che nel 1939 era emigrato in America dopo la rapida ascesa dei nazisti in Austria, nazione in cui viveva. Tuttavia l’ufficio brevetti e marchi degli Stati Uniti afferma che il gusto Blue Moon è stato registrato proprio nel 1939, cosa che renderebbe impossibile la realizzazione da parte di Sidon.
Il gusto puffo americano appare addirittura sulle riviste e sui quotidiani degli anni ’30, insieme ad altri gusti abbastanza bizzarri: nel 1936 la Charleston Gazette descrive il gelato Blue Moon come un dolce dal sapore di frutta. Ma la cosa più bizzarra di tutte è che ci sono svariate città in svariati punti degli Stati Uniti che vantano di essere la patria del gelato gusto puffo, per cui è difficilissimo stabilire la verità. Quello che è certo è che oggi accanto alle gelaterie che continuano a realizzarlo in maniera artigianale, si fanno sempre più strada i preparati: forse in futuro il sapore di questo gelato sarà sempre più standardizzato e potremo dire con certezza che si tratta solo di vaniglia con colorante E133.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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