La storia dell'happy hour dalle suffragette ai giorni nostri
Le donne, nello specifico le suffragette, hanno giocato un grosso ruolo nella storia dell'happy hour e non l'hanno fatto assolutamente in cucina, ma davanti al bancone di un bar.
Le donne, nello specifico le suffragette, hanno giocato un grosso ruolo nella storia dell'happy hour e non l'hanno fatto assolutamente in cucina, ma davanti al bancone di un bar.
Ci si può trovare di fronte buffet e cocktail, ma anche due birre al prezzo di una, oppure altre agevolazioni per bere e mangiare godendosi la socialità alla fine della giornata lavorativa.
Il significato letterale dell’espressione anglofona è “ora felice”. Perché l’happy hour dura un’ora o poco più (quel poco più dipende dalla logistica del locale) e indica appunto un momento nella giornata di un bar in cui il cliente possa trovare ristoro in qualcosa da mangiare e da bere a un prezzo contenuto e conveniente, oltre che diletto nella socialità.
La storia dell’happy hour è abbastanza dibattuta. Sul sito CorkDining viene riportata la maggiore vulgata: l’espressione e l’usanza risalirebbero all’inizio del XX secolo, quando nella Marina degli Stati Uniti c’era un programma di intrattenimento settimanale che prendeva questo nome e che veniva messo in scena per alleviare la noia del mare.
Nel corso del tempo, all’intrattenimento si sono aggiungi i drink pomeridiani. Il primo grosso utilizzo c’è stato durante il periodo del Proibizionismo, quando si organizzavano bevute illegali negli speakeasy segreti. Ma in questa storia giocano un grosso ruolo le donne.
Alle donne, alle suffragette nello specifico, sono infatti dedicati due episodi della webserie Happy Hour History. Si narra infatti che le suffragette siano state tra le prime a chiedere la legalizzazione dell’alcol per ragioni legate alla sanità ma anche alla violenza domestica. La legalizzazione avrebbe infatti aiutato a lottare contro gli abusi di alcol di mariti ubriachi che, rientrando a casa ebbri picchiavano mogli e figli: i drink sarebbero diventati così meno affascinanti perché non più proibiti agli occhi degli uomini.
Inoltre nelle distillerie clandestine qualunque veleno veniva fatto passare per drink e quindi molte persone morivano a causa di questi prodotti non controllati e legati alla criminalità organizzata.
Ma il ruolo delle donne nell’happy hour non si esaurisce qui. Come si legge su BarGiornale, le prime testimonianze scritte dell’espressione risalirebbero al 1894, quando sulla rivista The Call si parlò dell’Happy Hour Social Club, un ente benefico che si occupava dell’organizzazione di feste con banchetti.
Nel 1908 la svolta: le suffragette avrebbero usato l’ora dell’aperitivo per fare proseliti e sensibilizzazione intorno alla propria causa, come testimonia una vignetta satirica di Harry Grant Dart su Puck. La vignetta, con la didascalia “Perché non limitarsi in pubblico?” mostra un gruppo di suffragette intente in attività sociali di fronte a un buffet gratis, mentre fumano in pubblico: il vignettista assimila infatti il gesto del fumare a qualcosa di sconveniente, a un comportamento che le donne hanno assunto ma che sarebbe solo appannaggio dell’uomo, proprio come il bere alcol.
Cosa si può consumare durante un happy hour? Sicuramente si può scegliere una cosa da bere, come una birra, un bicchiere di vino o, più comunemente, un cocktail tra quelli codificati dalla comunità internazionale dei bartender e quelli creativi del vostro bartender di fiducia.
Tra i cibo invece ci sono buffet a go-go e stuzzichini più vari. Si parte dalle solite carrellate di aperitivi che troverete in qualunque luogo (e che molto spesso sono industriali e surgelati), come pizzette, crocchette, olive ascolane e così via. Ma poi ogni locale, anche in base alla città e alla regione in cui si trova, può offrire delle specialità territoriali. Per cui si va dalle più comuni insalate di riso e di pasta al cous cous, fino alla peperonata e alla parigina, alla polenta e ai risotti.
La regola è di solito sempre la stessa. Ci si serve da soli dopo aver pagato la prima consumazione. Perché a un happy hour si paga ciò che si beve, mentre ciò che si mangia è “gratis”.
Lo mettiamo tra virgolette perché non è davvero gratis. Durante gli happy hour gli esercenti ritoccano il prezzo delle bevande e impongono un fisso per la prima consumazione: questo può garantire loro un onesto margine di profitto senza alzare troppo i prezzi e senza far pagare integralmente al cliente per ciò che mangia.
Inoltre, l’esercente si assicura anche potenziali nuove clientele in fasce di popolazione fino a quel momento sconosciute.
Preparare un happy hour per sé e i propri amici o parenti in casa non è difficile. Cercate alcune ricette per preparare cocktail o informatevi sui cocktail d’asporto nella vostra zona.
Per quanto riguarda gli aperitivi, potete appunto scegliere una selezione di surgelati come fritti e pizzette da cuocere solitamente in forno (controllate le istruzioni, perché alcuni cibi sono precotti e altri no), ma anche qualcosa di più sano da preparare ex novo.
Ci sono naturalmente primi piatti come i succitati risotti, insalata di pasta o di riso e cous cous, ma potete sbizzarrirvi anche con canapè, uova sode condite, ortaggi ripieni (come pomodori, melanzane o peperoni) e naturalmente spiedini con stuzzichini, come mozzarelline, pomodori, formaggi, salumi o würstel.
Un piatto di salumi e formaggi affettati comunque può sempre tornare utile.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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