Sentiamo spesso parlare di cibo biologico, ma non sempre a proposito. L’argomento rischia infatti di risultare confuso, perché il concetto stesso non sempre viene spiegato in maniera ottimale. Così abbiamo provato a fare un po’ di chiarezza su un argomento che può essere di grande importanza per la nostra vita quotidiana perché ha a che vedere con l’alimentazione.

Cibo biologico: definizione

Il cibo biologico è quello che proviene da agricoltura e allevamento biologici. Questi si avvalgono delle potenzialità della natura: l’intervento dell’uomo è limitato all’essenziale e viene sfruttata ampiamente la biodiversità soprattutto in termini di “flora” (nel senso più ampio del termine, parliamo di tutto ciò che è vegetale) ma anche di fauna.

Naturalmente, queste attività non prevedono l’uso di pesticidi o prodotti chimici e di ogm, cioè organismi geneticamente modificati.

I pro e i contro del cibo biologico

Cibo biologico
Fonte: Pixabay

Tra i pro ci sono sicuramente le potenzialità delle biodiversità e il fatto che le produzioni biologiche comportino una tutela di esse. Secondo quanto riporta il Wwf, in Italia esistono 57468 specie animali e quasi 12mila vegetali: si tratta di una bella risorsa e una grande ricchezza, che va tutelata ma anche valorizzata.

Inoltre, l’assenza di pesticidi e di altre sostanze che possono rivelarsi dannose per l’uomo, ci dice che gli alimenti bio sono sani e quindi non dobbiamo temere per la nostra sicurezza a tavola, anche se, come vedremo, in alcuni casi il contatto con sostanze dannose può risultare inconsapevole.

Ci sono però anche dei potenziali contro che riguardano il cibo bio. Nel 2018, uno studio svedese pubblicato su Nature avrebbe sollevato il dubbio che l’agricoltura biologica possa avere un maggiore impatto ambientale rispetto alle coltivazioni tradizionali e quindi inquinare di più: in altre parole, sotto accusa non sarebbe il cibo biologico in senso stretto, ma il modo in cui questo viene prodotto. Tuttavia, questo studio è stato limitato a due sole colture, piselli e grano, quindi è molto parziale.

Ma c’è anche una perplessità relativa alla filosofia bio. Siamo portati a pensare che gli ogm siano il male, ma non esistono al momento studi che provino la loro pericolosità su salute o ambiente: quindi l’assenza di ogm è un elemento neutro, basato su un pregiudizio comune, che caratterizza l’agricoltura biologica.

Cibo biologico e certificazioni

La certificazione relativa al cibo bio, per quello che riguarda noi italiani, è regolata dall’Unione Europea fin dal 1991 per l’agricoltura e dal 1999 per l’allevamento. Le ultime revisioni sono avvenute nel 2010, per cui è stata scelta una nuova etichetta di certificazione biologica che ha sostituito le singole etichette nazionali.

Secondo il regolamento, che prende il nome di Eu-Eco-Regulation, i termini «biologico» o «ecologico» possono essere usati all’interno dell’Unione Europea se i prodotti provengono almeno al 95% da agricoltura o allevamenti biologici regolamentati dalla stessa Ue.

Il prodotti a km 0 fanno bene a tutti?

Cibo biologico
Fonte: Pixabay

Spesso, il cibo biologico è associato a un’altra caratteristica, ossia il “kilometro zero”, che sta a indicare la provenienza di frutta, verdura e altri ortaggi in generale da terreni e coltivazioni locali.

È una domanda un po’ complicata. Ci sono degli innegabili benefici nel cibo bio a km 0: quello più immediato è che non ci vogliono molte ore di trasporto. In questo modo, gli alimenti non hanno bisogno di particolari tipi di conservazione e non rischiano di essere corrotti.

Per capire, pensiamo al contrario, agli alimenti che vengono da lontano e che sono ad esempio surgelati a questo scopo: se per qualche ragione si dovesse interrompere la catena del freddo, rischieremmo che anche il prodotto non ci venga consegnato nella maniera ottimale per la consumazione. Con i prodotti a km 0 non si rischia l’interruzione della catena del freddo perché non c’è nessuna catena del freddo.

C’è però anche un grosso ma. L’agricoltura biologica è basata sul fatto che non vengono usati pesticidi nella filiera di produzione, ma questo non significa che le colture non possano essere comunque a contatto con sostanze inquinanti.

Pensiamo a quelle zone d’Italia in cui sono stati interrati rifiuti dalla malavita organizzata (e mai bonificati, magari a insaputa dei nuovi proprietari di terreni) oppure quei terreni che si trovano in prossimità, anche se non troppo vicini, a siti industriali: in questo caso, l’inquinamento può essere indiretto a basato sul ciclo dell’acqua. Quindi, anche se un cibo viene prodotto vicino a noi, non è detto che sia sano.

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