La stroncatura è un taglio particolare di pasta tradizionale in Calabria, in particolare nella zona della piana di Gioia Tauro. Si tratta di un tipo di pasta realizzata a partire da scarti di farina e crusca, ma non per questo è meno pregevole o saporita: accade da Nord a Sud Italia che diversi piatti di origine contadina siano frutto di un recupero. Un recupero da cui dovremmo prendere esempio, perché gli sprechi alimentari nella nostra società dei consumi sono un problema tangibile.
La stroncatura (o struncatura) viene condita con diversi ingredienti, che possono andare dalle alici alla ‘nduja, passando per melanzane, capperi e naturalmente peperoncini secchi in polvere e pangrattato, che contribuiscono a rendere il tutto più piccante e croccante.
In realtà, secondo la tradizione, la struncatura non è esattamente calabrese, ma di origine amalfitana, dato che le due terre, le attuali Calabria e Campania, erano legate da continui rapporti commerciali, per lo più di tipo marittimo.
Inizialmente non fu pensata per l’alimentazione degli esseri umani, ma per quella degli animali da allevamento. Gli scarti di farina e crusca venivano infatti raccolti da terra e quindi non erano adeguati a minimi standard igienici, anche se tuttavia c’era una specie di commercio clandestino destinato anche alle persone.
Oggi la stroncatura viene invece prodotta in un regime iper-sicuro dal punto di vista igienico, dato che abbiamo delle leggi a tutela del consumatore. La ricetta non è cambiata, ma semplicemente ci si attiene a delle norme di pulizia che nei secoli passati erano impensabili un po’ ovunque.
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