Il pane fatto in casa per alcuni di noi, soprattutto i più “anziani” (diciamo dai 40 anni in su), è qualcosa che potrebbe appartenere a un retaggio famigliare. È un cibo che sa di casa, di riunioni famigliari intorno a una tavola infarinata, dove, soprattutto chi beneficiava di un forno a legna, preparava tantissimi panini per tutti.
Ed era, sempre per alcuni, uno dei gesti più inclusivi, perché attorno alle pagnotte da cuocere c’erano le mani di nonne e nonni, zii e zie, mamme e papà, cugini e cugine, senza distinzione di genere.
Preparare il pane fatto in casa è un atto d’amore che si fa per se stessi e per i propri cari. Perché, certo, il pane è dappertutto: lo si può comprare alla panetteria, al supermercato, al minimarket. Ma realizzarlo in proprio, anche se in piccole quantità, è un gesto lento che ti riconnette con te stesso, con le tue radici.
Ma perché diciamo che è un gesto lento? Dobbiamo dirvelo: realizzare il pane fatto in casa richiede una gran pazienza. Non tanto per le azioni da eseguire in sé, quando per i tempi di lievitazione che sono abbastanza lunghi. Ma è questo che consente al pane di crescere buono e sano.
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