I rostin negàa sono un piatto tradizionale della cucina milanese. Il nome significa “arrosticini annegati” e fa riferimento al fatto che i nodini di vitello vengano sottoposti, dopo una prima rosolatura con burro, pancetta e aromi, a una cottura lentissima con del brodo. I novizi della cucina possono anche preparare il brodo col dado (non c’è niente di male), ma chi ha voglia di divertirsi può farlo in maniera tradizionale, ovvero con del brodo di manzo o gallina, arricchito da carota, cipolla, sedano e pomodoro.
D’altra parte parliamo di una ricetta con una forte tradizione alle spalle – dato che viene citata sia nel ricettario di Pellegrino Artusi (ma si chiama con un nome bizzarro, arrosto morto) sia nel dizionario di Francesco Cherubini – quindi diciamo che le fasi dovrebbero essere rispettate in tutto e per tutto. Ma se non le rispettate e ci mettete un po’ di fantasia, tenendo però ben presenti gli abbinamenti tra i sapori, il piatto viene buono lo stesso, ma è un’altra cosa.
Di solito i rostin negàa vengono accompagnati da un Valtellina superiore Inferno, che è un vino docg che viene prodotto a Sondrio.
Essendo un secondo piatto a base di carne, i rostin negàa non possono essere consumati da vegetariani e vegani, oltre che dai celiaci, perché la carne viene rivoltata nella farina in vista della cottura. Inoltre la pietanza non è adatta a chi soffre di intolleranze o allergie al singolo ingrediente.
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