La garmugia è una zuppa tradizionale legata alla città di Lucca. Viene chiamata anche gramugia ed è molto antica, come attestano scritti culinari anglofoni: pare risalga infatti al secolo XVII. Una nota interessante: nel volume Halpern’s Guide to the Essential Restaurants of Italy: From Milan to Rome with Notes on the Food and Wine viene descritta come una zuppa ben sostanziosa per via dei tanti ingredienti variegati che contiene, ma “sconosciuta fuori dalla provincia” lucchese, e quindi nel resto dell’Italia.
Esistono diverse versioni della garmugia per quello che riguarda gli ingredienti: questo fatto non deve stupire per due ragioni. La prima: trattandosi di una ricetta tradizionale antica, non solo si è lievemente trasformata nel tempo, ma ogni famiglia ha la propria variante che, forse, custodisce anche molto gelosamente, perché ha il sapore di casa e di affetti.
La seconda: si tratta di una pietanza di recupero e quindi comprende carni e verdure che possono (o non possono) essere avanzate. Tra gli ingredienti possibili, che non sono compresi nella ricetta qui descritta, ma talvolta si usano, ci sono il pollo (che viene utilizzato talvolta per il brodo), carota, sedano, barbabietola, salsiccia. Qualcuno può aggiungere pecorino o parmigiano reggiano grattugiato.
Vi consigliamo di preparare la garmugia in primavera, ovvero quando i carciofi, uno degli ingredienti principali, sono nella loro stagionalità. E di realizzare la zuppa all’interno di una pignatta, che, come sempre diciamo, ha un doppio vantaggio: quello di mantenere calda la zuppa quando si porta in tavola (anzi, la cottura prosegue un po’ addirittura a fuoco spento) e naturalmente quello di avere un vantaggio estetico innegabile, dedicato a chi ama una bella tavola apparecchiata.
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