La sopa coada – nonostante il nome possa suggerire in alcuni l’esotismo – è in realtà un piatto tipico di Treviso e hinterland. Il nome significa letteralmente, in dialetto, “zuppa covata” e si riferisce al fatto che si tratta di una pietanza brodosa e ovattata (per la presenza del pane), dalla lunga preparazione (come una covata) e con carne di piccione (che è un animale che depone uova e le cova). È una ricetta difficile da definire: non è proprio una zuppa, non è uno sformato, non è un pasticcio, ma è tutte queste cose.
La ricetta della sopa coada viene conosciuta solo dopo l’Unità d’Italia, anche se naturalmente potrebbe essere molto più antica. Da allora la sopa coada conobbe alterne fortune, per essere recuperata, nella sua versione originale, in tempi relativamente recenti, all’interno di un’opera di valorizzazione del patrimonio culturale della tradizione culinaria regionale italiana.
Purtroppo non si tratta di un piatto molto inclusivo: la sopa coada non può essere consumata da coloro che sono allergici o intolleranti al singolo ingrediente, e naturalmente da vegetariani e vegani, data la presenza della carne di piccione. Realizzarla però si presta a tutte le esperienze tra i fornelli: sebbene la cottura e le fasi siano lunghe, basta assemblare le parti della pietanza, rappresentata da strati di pane, brodo, formaggio e carne, che in alcune zone è quella di pollastra e non di piccione.
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