Il babà napoletano è un dessert “storico” molto conosciuto della tradizione campana. Si presenta come un “funghetto” dalla pasta molto morbida arricchita da una bagna al rum, ma bisogna far attenzione a non esagerare: se il dolcetto è molto bagnato, finisce per risultare stucchevole e al limite dello sgradevole. Per questa ragione è importante strizzare i babà ben bene dopo che sono stati imbevuti.
La tradizione del babà napoletano affonda le sue radici nella tradizione della babka cattolica polacca. Il duca di Lorena Stanislao Leszczyński ne inventò una sorta di antenato: simile alla babka ma più morbido – perché il duca non aveva denti – questo dessert giunse poi alla corte del re Luigi XV di Francia con cui il nobiluomo era imparentato. E, va da sé, giunse nel Regno di Napoli, dominato in quel periodo dai Borbone. Esistono però vulgate molto più fantasiose sulle origini del babà.
Del babà napoletano Pellegrino Artusi scrisse: “Questo è un dolce che vuol vedere la persona in viso, cioè per riuscir bene richiede pazienza ed attenzione”. E questo è vero ancora oggi. Il babà si realizza infatti a partire da uno di quegli impasti che necessitano del “lievitino” ovvero una prima lievitazione con poca farina rispetto all’insieme, che viene arricchita mano a mano con gli altri ingredienti e poi affronta due ulteriori fasi di lievitazione. La bagna al rum è quella tradizionale, ma c’è anche chi utilizza il limoncello o il liquore al bergamotto.
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