Il risotto alla Bergese prende il nome dallo chef che per primo lo preparò e lo codificò: Nino Bergese. Lo chef piemontese vanta anche un altro primato: fu infatti il primo in assoluto a conquistare due stelle Michelin in Italia. Quindi, essendo una ricetta codificata, sebbene ne esistano alcune versioni l’una leggermente diversa dall’altra, è meglio essere fedeli all’originale.
In pratica il risotto alla Bergese è un risotto in bianco e mantecato, con in più un fondo scuro e denso, che si ottiene dalla tostatura e la cottura delle ossa della carne con ortaggi e aromi: il risultato è qualcosa di grande impatto visivo e naturalmente di gran gusto. Va accostato a un vino delicato ma di carattere, come per esempio un Moscato d’Asti oppure anche uno Chardonnay.
Purtroppo il risotto alla Bergese non è una pietanza inclusiva. Non va bene né per i vegetariani né tantomeno per i vegani, perché si usano le ossa della carne, che quindi non sono cruelty free, e in più non è adatta agli intolleranti al lattosio, perché il risotto viene mantecato con derivati del latte, oltre a non andare bene a tutti coloro che sono allergici o intolleranti al singolo ingrediente. E, come detto, la ricetta è codificata e quindi non ammette grosse o evidenti sostituzioni.
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