La scottiglia è una ricetta tipica toscana, in particolare delle zone di Arezzo e di Grosseto. Si tratta di un piatto di recupero molto gustoso: vi si utilizzavano tutti gli avanzi di carne (o la carne invenduta dai macellai) dei giorni precedenti, che venivano (e vengono tuttora) cotti in umido, per ottenere un insieme incredibilmente vario e saporito.
Viene chiamato anche “cacciucco di carne”, perché analogamente al cacciucco livornese si tratta di una cottura in umido con l’aggiunta della polpa di pomodoro.
Il nome di scottiglia viene dall’attrezzo che si utilizza per cuocere la pietanza, ovvero una pignatta in coccio, cioè in creta. Ce ne sono molte in commercio che vanno bene per la cottura sul fornello e sono molto belle da portare in tavola per servire le vostre ricette, ma se non l’avete, potete ripiegare su una più comune padella antiaderente, meglio se a sponde alte e meglio se in pietra lavica, perché la diffusione del calore è molto simile alla pignatta.
Non si conoscono precisamente le origini della scottiglia, con l’eccezione del fatto che si tratti di un piatto “povero” e “contadino” – ma oggi diremo orgogliosamente ecosostenibile, poiché evita gli sprechi alimentari.
Secondo alcuni, la pietanza avrebbe un’origine etrusca, per altri l’origine è medievale. Molto probabilmente il pomodoro non c’era all’inizio, dato che è stato introdotto in Europa solo dopo la scoperta dell’America, ma si tratta solo di una supposizione.
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